Quaresima 2021 – Aggiornamenti al 5 marzo

Gli appuntamenti di oggi

Via Crucis, ore 17 – in Chiesa

A causa delle nuove disposizioni canoniche e civili circa il COVID-19 attualmente in vigore la Via Crucis non potrà più essere itinerante: si terrà quindi alla stessa ora ma in Chiesa Parrocchiale.

Via Crucis, ore 20.45

Si conferma l’appuntamento in Chiesa Parrocchiale per la Via Crucis (solo di alcune stazioni) e la lettura del Qohelet.

Il libro del Qohelet «da molti è ancora chiamato Ecclesiaste, dal termine con il quale venne tradotto dalle antiche versioni greca e latina l’ebraico Qohe-let, che indica
probabilmente un uomo che parla nell’assemblea, qahal
» spiega Mazzinghi, che cerca di rappresentare questo misterioso personaggio e il libro che da lui prende il nome.
«Qohelet insegna tre cose. La prima è un messaggio apparentemente negativo: tutto è hebel, termine ebraico che fu tradotto da Girolamo, e ripreso nella maggioranza delle traduzioni moderne, con “vanità”, ma che letteralmente vuol dire soffio, vapore. Tutto è un soffio, ovvero tutto passa, tutto è transitorio, la realtà ci sfugge di mano. E, aggiungerei, tutto appare assurdo: la realtà non è come dovrebbe essere, “non c’è
niente di nuovo sotto il sole” (Qo 1,9). Per un motivo soprattutto: la morte, che rende tutto vuoto – e lo capiamo tanto più in questo tempo di pandemia. Inoltre Dio c’è, ma è come se non desse risposte, sembra muto».
Questo è il polo freddo, negativo del Qohelet, quello che la maggior parte dei commentatori evidenzia, spesso in modo esclusivo. Da questo punto di vista, il Qohelet è la sentinella critica che ci avverte ancora come la realtà è complessa e ogni teologia imperfetta.

Però il biblista fiorentino è tra gli studiosi che sottolineano la presenza di un polo positivo: «Sono i passaggi sulla gioia; non a caso nell’ebraismo il Qohelet viene letto a Sukkot, la festa delle Capanne, festa della gioia per eccellenza, anche della gioia della
Legge. Nel Qohelet la gioia si presenta tuttavia in modo semplice, quotidiano: “Ecco ciò che io ritengo buono, che è appropriato mangiare, bere e godersi il frutto del proprio lavoro faticoso per il quale ci si affatica sotto il sole, nei giorni contati della propria vita, che Dio concede all’essere umano: questa infatti è la parte che a lui spetta” (Qo 5,17)».

Qui però ci troviamo di fronte a un dilemma: come tenere insieme due aspetti in apparenza contraddittori? Tutto è un soffio, la morte porta via tutto, eppure una semplice gioia è possibile: ma come?

«Esiste nel libro del Qohelet un terzo tema – risponde Mazzinghi – che è quello davvero centrale: Dio.
Dio viene citato 38 volte, tante quante hebel, più due volte nell’epilogo, scritto in realtà da un discepolo di Qohelet. E in queste 38 volte i verbi associati a Dio sono sostanzialmente tre: “dare”, “fare” e “temere”. Il Dio del Qohelet dà all’essere umano il compito di esplorare, di cercare il senso della realtà. Dà poi all’umanità la vita e soprattutto dà la gioia. È poi un Dio che fa tutto ciò che vuole perché è sovranamente libero. È un Dio che chiede di essere temuto, di essere creduto per quello che è, non per quello che noi vorremmo che fosse. Un Dio al di là dei nostri schemi e delle nostre teologie. Ma è tuttavia un Dio che esiste, che c’è, che è presente: “il tuo Creatore” (Qo 12,1).

Così Qohelet riesce a superare l’impasse tra pessimismo e ottimismo. Se non ci fosse questo Dio, tutto sarebbe davvero un soffio che svanisce nel nulla e la gioia sarebbe davvero solo un’illusione».

– Don Luca Mazzinghi –
Fonte: Avvenire, del 16 gennaio 2021: “Qohelet senza Dio tutto è solo un soffio”

Approfondimenti:

Ulteriori riflessioni sul libro del Qohelet, scritte in occasione della XXXII Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei – 17 gennaio 2021, sono scaricabili sulla pagina della Chiesa cattolica, a questo link.