Buone letture – Una finestra aperta su due temi

Una finestra sugli effetti del Covid

Disagio psichico e dipendenze l’altro lato della crisi sanitaria

Alla paura di contrarre il virus si aggiunge la preoccupazione in generale per gli effetti del Covid sulla società: da una recente ricerca di SWG emerge, infatti, che tra gli italiani aumenta la percezione dell’incertezza, che porta con sé un prevalere di emozioni ‘tristi’, come la tristezza, la rabbia e la paura, anche se parzialmente mitigate dalla speranza.

Queste emozioni sembrano essere generate dalla condizione di isolamento e solitudine che si è determinata a seguito delle misure di contenimento del contagio, e che ha creato in molti casi un vuoto nella vita delle persone. Infatti sono molte le persone che si sono sentite spaesate e indifese di fronte a quello che per qualcuno è un vero ‘caos interiore’, sia un caos ‘emozionale’ rispetto alla sofferenza psichica e relazionale, sia un caos ‘della razionalità’ rispetto ai problemi esistenziali, economici e valoriali che si acuiscono nella crisi.

A soffrirne sono gli individui di ogni generazione, le famiglie e le comunità, ma è tra i giovani e i bambini che si rileva un maggior disagio. Si tratta di disturbi psicologici dell’età evolutiva, e in particolare in adolescenza, derivanti non tanto dallo stress legato al pericolo della infezione da Covid 19, quanto da quello provocato dalle mancate relazioni, dalle nuove condizioni di studio o lavoro e in alcuni casi anche dall’’eccesso di prossimità’ con i propri famigliari durante la chiusura. Si avanza in qualche caso l’ipotesi secondo la quale ansia e stress da confinamento avrebbero prodotto un aumento dei comportamenti di consumo rischioso, quale forma di automedicazione autogestita, e un incremento del fenomeno delle dipendenze, da alcol e da altre sostanze.

Occorre quindi guardare al complesso dei fenomeni legati al disagio psichico, e in particolare di quello giovanile, e soprattutto alle iniziative di prevenzione e di arginamento degli effetti più problematici del disagio, a cominciare dall’impegno per il sostegno di ambiti di vita e di formazione nei quali sviluppare relazioni sociali significative, dialogo, condivisione, mutuo aiuto e solidarietà.

(Fonte: Avvenire, 10 marzo 2021)

 

Una finestra su Myanmar

Myanmar, lo scudo della Chiesa cattolica «Militari fermatevi, ogni vita è preziosa»

Nel Nord del Myanmar, a Myitkyina, capoluogo dello Stato Kachin, la tensione resta alta dopo gli scontri di lunedì nella cattedrale di San Colombano, nel cui complesso avevano trovato rifugio alcuni manifestanti per sfuggire alla repressione e dove due giovani sono stati uccisi dai proiettili. Sette i feriti e decine gli arresti.

A cercare di evitare altro spargimento di sangue erano intervenuti il vescovo emerito monsignor Francis Daw Tang e alcune religiose. «Chiediamo di non uccidere: per questo ci siamo rivolte ai militari. Abbiamo paura che gli agenti di polizia uccidano i giovani manifestanti. La nostra presenza di persone di fede, operatrici di pace, può aiutare a farli desistere: ogni vita è preziosa». Tra di loro anche suor Ann Rosa Nu Tawng, la religiosa della Congregazione di San Francesco Saverio già nota per essersi inginocchiata davanti ai poliziotti antisommossa il primo marzo chiedendo loro di fermarsi.

Hanno fatto il giro del mondo le immagini dei poliziotti buddisti inginocchiati davanti a lei con le mani giunte in segno di omaggio. Un simbolo, la piccola suora birmana, della tenacia e della coerenza di una fede fortemente minoritaria che con coraggio ha affrontato la persecuzione negli anni della dittatura e che dal 2011 accompagna il percorso del Myanmar a guida civile sotto la pesante tutela delle forze armate.

È una Chiesa tenace questa, nonostante le difficoltà e le persecuzioni, dal momento che il contesto socio-politico è caratterizzato da una dittatura che reprime gli oppositori, i sostenitori della democrazia, impone il coprifuoco diurno, assedia gli ospedali per impedire azioni di boicottaggio e spara anche alle ambulanze della Croce Rossa, intente a soccorrere le vittime della repressione.

Qui la Chiesa ha un ruolo essenziale nella transizione democratica: da qui il coinvolgimento accolto e soprattutto offerto nel processo di ricostruzione nazionale e di riconciliazione, sempre al fianco dei gruppi più emarginati.

(Fonte: Avvenire, 9 marzo 2021)

L’intervista alla Suora saveriana Ann Rosa

Mai mi sarei immaginata di diventare famosa.

Eppure la foto che la ritrae in ginocchio, in mezzo a una strada, mentre supplica i poliziotti minacciosamente schierati a pochi metri da lei, ha fatto il giro del mondo.

Suor Ann Rosa (leggi la sua storia) armata della forza debole della preghiera, domenica 28 febbraio vedendo che i manifestanti si trovavano in pericolo (in altre città le proteste sono finite nel sangue) ha osato sfidare i militari e la polizia armati di fionde e manganelli, proteggendoli anche a rischio della sua stessa vita. Dopo aver detto ai manifestanti di nascondersi nella clinica in cui lavora, si è parata davanti ai poliziotti dicendo loro: «Uccidete me, non la gente».

Accanto a persone di ogni etnia e religione, ci sono i giovani, che sono i veri protagonisti delle rivolte in corso: «Tanti di loro stanno mettendo a rischio la loro vita pur di ottenere pace, giustizia e democrazia. Manifestano per chiedere ciò che desiderano per il Paese. Alcuni di loro sono stati uccisi dai militari in modo crudele», spiega Suor Ann Rosa, che ci invita a pregare con lei «Prego il Signore per il mio Paese e vi chiedo di farlo con noi».

Suor Ann Rosa ha portato la sua toccante testimonianza venerdì sera, durante un momento di preghiera e testimonianze dal titolo “In comunione col Myanmar”. Ecco il video: